sabato 21 dicembre 2019

L'ANGELO MESSAGGERO


BUON NATALE A TUTTI 

E CHE GLI UOMINI IMPARINO A VIVERE IN PACE FRA 

LORO





L’angelo messaggero iniziò il suo viaggio intorno alla Terra per raccogliere notizie da riferire al suo amato Gesù che fra poco avrebbe compiuto ben 2019 anni. La festa in cielo per questo compleanno era magnifica: gli angeli cantavano canzoni dolcissime e le anime di coloro che nella vita avevano amato Gesù si univano ai cori gioiosamente. La splendida luce delle stelle illuminava ogni cosa.
L’angelo messaggero aprì dunque le sue grandi ali e iniziò a volare scrutando attentamente il mondo. Egli vide che in certe zone brillavano infinite luci artificiali sulle case e sui palazzi, ma soprattutto nei grandi magazzini.  Ne fu quasi abbagliato. Continuando il suo volo notò che in altre zone, invece, brillavano delle piccole luci che però non erano artificiali bensì delle gioconde fiammelle.
Lo annotò sul suo “diario di bordo” e, finito il giro intorno al nostro pianeta, tornò dal suo Gesù.
-         Ho visto in certi luoghi miriadi di luci splendenti come fossero impazzite – riferì l’angelo - si vede che gli uomini ci tengono al tuo compleanno!  Strade, negozi, bancarelle, era tutto un luccicare festoso e ne sono stato quasi abbagliato. In certe zone però non vedevo luci abbaglianti e ho dovuto abbassarmi per vedere meglio. Mano a mano che scendevo potevo notare delle piccole fiammelle che tremolavano nel buio. In quel luogo notai, inoltre, con mia grande gioia, che c’era un’atmosfera di pace e serenità. –
-         E poi cos’altro hai visto? – Chiese Gesù.
-         Non vorrei dirtelo - rispose l’angelo - ma dato che me lo chiedi devo confessarti che ho visto anche delle enormi chiazze di luce che uccidevano gli uomini.  Laggiù le chiamano armi, o bombe, credo, e la loro vista mi ha procurato tanta tristezza .
-         Anche a me questa tua notizia procura immensa tristezza e dolore  - rispose Gesù. – Ti dirò anche - proseguì – che le fiammelle di cui mi hai parlato sono quelle che brillano nei cuori che vorrebbero vivere in pace assieme a tutti i loro simili e sanno il vero significato della parola ‘Amore’ . Sono loro che un giorno saranno qui fra noi a festeggiare in letizia il mio compleanno –
-         Capisco – rispose l’angelo – spero proprio di vederne tante di quelle fiammelle nel mio prossimo viaggio! –
Poi si sedette accanto a Gesù  e gli consegnò  il suo “diario di bordo” mentre tutto intorno era un andirivieni di angeli e anime indaffarati per i preparativi della festa. L’angelo messaggero li osservava sorridendo, poi, rivolgendosi al suo grande amico e Signore gli disse: ti vogliamo bene, buon compleanno, Gesù!

-         Giovanna Giordani  -


venerdì 20 dicembre 2019

NATALE DI GUERRA (Laura Vargiu)


Risultati immagini per bambini in guerra



Echi di guerre dimenticate
rabbiosi squarciano i cieli d'Oriente
smarritisi nello strazio arcano dei boati
tra macerie sanguinanti e nere colonne
d'un fumo acre d'odio e di morte.
Lungo i sentieri di profughe marce
il cuore affondato nel fango
di stagioni inaridite e stanche
ecco trascinarsi fin alla città di Davide
una volta ancora tristemente
il Verbo che si fece carne.
L'attendono non più una
ma mille impietose mangiatoie
e migliaia di dinieghi indifferenti
a milioni novelle stragi d'innocenti.

Che cosa conta l'affamato pianto
negli occhi bombardati dei bambini
dinnanzi alla pingue protervia dei potenti?
Quante vergini partorire ancor dovranno
il loro intimo quotidiano dolore
nello stupro asfittico del mondo?
Nessuna compassione né redenzione
fiorisce in questo deserto di filo spinato
terreno inferno d'amaro pianto
dove alcun dio vorrebbe esser nato
poiché nascita è preludio già di croce.
Ma pur nella notte dell'esistenza più atroce
mentre marcian da Oriente echi di guerra
cerchiamo fili di luce, illusioni di speranza
e della pace l'errabonda stella.

- LAURA VARGIU -

  (dall'antologia "Le Pagine del Natale" - Autori vari - editore LargoLibro- 2019)


mercoledì 18 dicembre 2019

ROSSELLA di Graziella Cappelli




Ho letto con piacere il breve romanzo di Graziella Cappelli  e dirò che il primo vocabolo che mi è venuto in mente a lettura terminata è stato: verismo.
Non credo che Graziella nel comporre il suo primo lavoro di narrativa abbia pensato ad una corrente letteraria, ma, si sa, ogni lettore ha un diverso impatto con la lettura.
E’ un’autobiografia scritta in terza persona, un cammino a ritroso nel tempo fino al periodo dell’infanzia e della prima adolescenza, dove i ricordi si materializzano fin nei minimi particolari descrivendo con disarmante veridicità il mondo in cui l’autrice ha iniziato il suo percorso di vita.
Per iniziare questo viaggio  Graziella adotta un espediente originale  che la porta in un luogo dove le appare una bimba che le dice:
da dove vieni? Sei forse una fata?”
“vengo da un’altra vita e sono giunta fin qui attraverso quello specchio”
“ ma come” -risponde la bimba – quello è lo specchio del nonno, il poeta, ma ora è morto”…
Si viene a sapere dunque che il nonno era un poeta  e così capiamo da chi, la nostra autrice, ha ereditato l’arte di comporre bellissimi versi.
L’infanzia di Rossella si è svolta in uno dei tantissimi ambienti poveri del dopoguerra con gli aspetti che si possono immaginare. Ha lasciato in lei ricordi di sofferenza ma anche di tanto amore.
Le immagini che ci propone sono nitide e, per chi ha conosciuto quel periodo della nostra storia, ravvivano ricordi e atmosfere che gran parte della gente  ha vissuto in tanti luoghi della nostra Italia.
Improvvisamente si udì bussare alla porta…- Babbo che cosa ci hanno portato?- disse la bambina curiosa… - Il comune ci ha mandato questa roba per Natale, la danno a tutte le famiglie povere! –“
L’animo poetico della scrittrice traspare inoltre in certe descrizioni di paesaggi e stati d’animo dei personaggi descritti  gli occhi della donna si illuminarono come lucerne alla vista di quel ben di Dio”…
Una lettura, dunque, scorrevole e interessante,  che, attraverso i fatti di vita vissuti, ci fa capire come il periodo dell’infanzia sia fondamentale per la crescita e la formazione del carattere di ogni persona.
Anche Graziella l’ha sperimentato e ha voluto confermarlo tornando indietro nel tempo. Questo camminare in punta di piedi,  ma con determinazione sincera, nei ricordi, sembra averla appagata e rasserenata.  Noi ne condividiamo volentieri la conoscenza.

Giovanna Giordani



venerdì 22 novembre 2019

L'ALBERO CHE CANTAVA





C’era una volta un albero un po’ particolare, e vi dirò subito perché: sapeva cantare! All’arrivo della primavera, dunque, al primo tepore del sole, le sue tenere foglioline cominciavano ad aprirsi e intonavano un coro che si espandeva per tutto il giardino.
Dapprima iniziavano fievolmente, poi, mano a mano che crescevano e diventavano delle robuste foglie verdi, anche le loro voci si facevano sempre più sonore e armoniose rallegrando così le giornate di quel luogo ameno.
Vicino a quest’albero canterino c’era una di quelle piante grasse con quei tremendi aculei che sembravano sempre pronti a colpire chi si avvicinava troppo. Ebbene questa pianta era l’unica nel giardino che non apprezzava per niente le canzoni di questo albero e pertanto continuava a brontolare come una pentola di fagioli.  – Verrà anche l’autunno – borbottava tra sé – così questa musica smetterà -. E intanto diventava sempre più gonfia di stizza e i suoi spini sembravano pronti a schizzar via per pungere qualche malcapitato.
Verso settembre arrivò nel giardino il primo venticello portando un po’ di tremore dappertutto.
La voce delle foglie dell’albero canterino cominciò a indebolirsi. E il sole,  impietosito, cercò di donare loro tutto il calore di cui era capace in quel periodo dell’anno, facendole diventare splendenti come l’oro. E così poterono continuare a gorgheggiare contente.
In ottobre passò da quelle parti un signore molto distinto assieme ad un suo amico che indossava dei vestiti un po’ larghi, aveva i capelli lunghi e amava dipingere quadri.
Giunti davanti all’albero che sapeva cantare, si fermarono estasiati dallo splendore delle foglie che il sole non smetteva di accarezzare.
- Che meraviglia! – disse il signore elegante. – Davvero splendido! – replicò il pittore.
A quei complimenti le foglie arrossirono di piacere  e alcune svennero per l’emozione, cadendo  a terra.
- Domani potresti venir qui con il tuo cavalletto e con i tuoi pennelli – disse il signore elegante al pittore.
- Verrò volentieri  – rispose questi.
- Ecco care - disse la pianta grassa – domani ci faranno il ritratto. Potreste almeno per un giorno smettere di cantare? -
- Smettere di cantare? Perché? – risposero le foglie  - noi domani faremo del nostro meglio per regalare a quei signori gentili le nostre più belle melodie -. La pianta grassa bofonchiò rassegnata; tanto con quelle era proprio inutile discutere.
L'indomani arrivò il pittore con il suo cavalletto sul quale sistemò una tela bianca di media grandezza; si sedette su una panchina di fronte all’albero che cantava e, presi  pennelli e tavolozza, iniziò a dipingere. Era una giornata meravigliosa. Dallo sfondo del cielo turchese e alla luce del sole tutti gli alberi splendevano dei colori più belli e l’albero canterino spiccava fra tutti per la sua luminosità. Lo spettacolo era davvero mozzafiato; le foglie arrossivano sempre di più nel sentirsi così al centro dell’attenzione, e cantavano sommessamente.
Disse la pianta grassa: - meno male che oggi almeno cantate più piano e non mi rompete i timpani con i vostri strilli (!) –
Alla fine della giornata il pittore regalò il quadro al suo amico che ne fu molto contento,  mentre la notte abbassò le palpebre a tutti gli abitanti del giardino, che si addormentarono pacifici.
L’autunno e l’inverno avanzavano a grandi passi e il vento che li accompagnava faceva cadere le foglie di quasi tutti gli alberi. Solo la pianta grassa rimaneva imperterrita, assieme alle piante sempreverdi che sonnecchiavano silenziose.
Anche le foglie canterine caddero una ad una e,  mentre si adagiavano sul terreno intorno al tronco dell’albero, continuavano a cantare piano piano,  finché si addormentarono tranquille;  sapevano infatti che l’albero conosceva a memoria le loro canzoni e le teneva ben custodite per la primavera successiva.
La pianta grassa, che ormai non poteva più sentirle,  disse: - meno male che almeno adesso  posso dormire in pace – e, distolto lo sguardo dai rami spogli dell’albero, cominciò a russare come un trombone stonato.
In una bella casa, non molto lontano dal giardino, quel signore elegante di cui abbiamo parlato poco fa, una sera invitò a cena amiche ed amici con le rispettive famiglie.  E in quell’occasione mostrò loro il dipinto fatto dal suo amico all’albero dai colori splendenti.
Tutti guardarono il ritratto con ammirazione. Fra i presenti c’era anche una ragazzina che amava molto dipingere e alla vista del quadro proruppe in una esclamazione di meraviglia : - Ma è bellissimo! Quell’albero ha i colori dell’oro e sembra quasi che sprigioni una musica! -.  Non si era resa conto, come noi sappiamo, di aver detto proprio la verità. E fu così che il nostro albero poté continuare a cantare felice nel quadro,  in ogni stagione,  ma solo le persone speciali riuscivano a sentirlo.


Giovanna Giordani







venerdì 15 novembre 2019

NO SON FINÌ (Antonia Dalpiaz)

Propongo volentieri questa poesia in dialetto trentino:

Lassème star
da sol
su sta bancheta
e né lizeri
per le vosse strade.
No gaverò paura
del silenzi
perché i ricordi
i parla
i brusa
i tase.
Lassème ciacolar
col vènt e i fiori
e rider come en pòpo
che strangossa
de 'mpresonar colori
'nte le man.
No son finì.
Gò ancora en s'ciap
de sogni da zugar
e vinzerò,
sul temp e sui dolori.

. Antonia Dalpiaz -
(scrittrice e poetessa trentina)

-.-.-.-
traduzione:

Lasciatemi stare
da solo
su questa panchina
e andate leggeri
per le vostre strade.
Non avrò paura
del silenzio
perché i ricordi
parlano
bruciano
tacciono.
Lasciatemi chiacchierare
col vento e i fiori
e ridere come un bambino
che brama
imprigionare colori
nelle mani.
Non sono finito.
Ho ancora un gruzzolo
di sogni da giocare
e vincerò,
sul tempo e sui dolori.




The Lonely Shepherd - André Rieu & Gheorghe Zamfir

martedì 12 novembre 2019

CONCORSI


Segnalo volentieri tre concorsi che mi sono stati portati a conoscenza:



http://largolibro.blogspot.com/2019/11/le-pagine-del-natale-ecco-la-nuova.html

.-.-.-.-.-.-.-


biblioteca@comune.gatteo.fc.it   
 -Secondo Concorso letterario di poesia "Premio Narda Fattori"


.-.-.-.-.-


https://www.facebook.com/events/370770063597992/



.-.-.--.-


LA CASTAGNA CICCIOTTELLA


Questa è una filastrocca scritta qualche anno fa, a quattro mani, con la mia amica Anna G. Mormina. Con soddisfazione di entrambe, ci siamo accorte che ha avuto in rete un certo successo:





La castagna cicciottella
si lamenta che sta stretta
dentro al riccio poverella
e di uscire ha una gran fretta

Quando è autunno inoltrato
con compagne e le sorelle
fa un bel salto giù nel prato
divertendosi a crepapelle

Fra le foglie si nasconde
e le altre stanno all'erta
cade il riccio dalle fronde
ride e resta a... bocca aperta

Ma per poco durò il giochino
le raccolsero in un cestino
e la castagna cicciottella
si trovò in una padella.

- Giovanna Giordani - Anna G. Mormina -

venerdì 8 novembre 2019

LILIANA SEGRE - (Piera Maria Chessa)


Non potendo commentare sul blog di Piera Maria Chessa riporto qui da me queste sue bellissime riflessioni che condivido pienamente.
Dopo quanto accaduto nei confronti di Liliana Segre in questi giorni, non so come alcuni nostri cittadini possano dirsi orgogliosi di essere italiani. 
Mi unisco alle persone che si adoperano per dimostrare, a questa encomiabile Signora , solidarietà, ammirazione e gratitudine per quanto fa e ha fatto al fine di evitare il ripetersi dei noti indicibili orrori accaduti nel secolo scorso anche nella nostra Italia...


Liliana Segre: alcune riflessioni



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foto da web
Sono giorni indimenticabili questi che stiamo vivendo, giorni che non avremmo voluto vivere, almeno una parte di noi, perché lasciano addosso un’amarezza che avvolge come se fosse una colla resistente, e della quale è difficile liberarsi.
Non è una novità per nessuno quella che è stata la vita di Liliana Segre, un’esistenza durissima fin da quando era bambina, sopravvissuta poi all’inferno di Auschwitz. Non voglio certamente tracciare una sua biografia, solo soffermarmi su alcuni particolari della sua vita.
Per esempio, si parla sì, ma poi non così tanto, di quel ricordo indistruttibile, non solo a livello mentale ma anche fisico, che è un numero, costituito da più cifre, che Liliana Segre porta con sè, su un braccio, da quando non aveva ancora quattordici anni, questo numero è 75190.
Se solo provassimo a immaginare di vivere noi stessi quella sua esperienza, rinchiusa a tredici anni, un anno e mezzo di campo di concentramento, l’aver visto il padre morire dopo pochi mesi… Una ragazzina di quattordici anni e mezzo che ritrova la sua libertà, che prova a condurre una vita “normale”, cresce, forma una famiglia, tutto ciò che di solito fa parte della vita di ognuno di noi.
I ricordi però non si possono cancellare, e neppure gli incubi, e quel numero portato fino ad oggi per decine di anni penso che abbia impedito a Liliana Segre di sentirsi, come tutti noi, una persona “normale”, perché la sua vita non può che essere considerata straordinaria, non normale.
Per anni lei non ha parlato della sua esperienza, neppure i suoi per diverso tempo ne sono venuti a conoscenza nella sua interezza, poi ha deciso che era giusto parlarne, raccontare la sofferenza patita nel campo, la crudeltà di cui i suoi occhi sono stati testimoni; erano, non dimentichiamolo, occhi da bambina, eppure è riuscita ad andare oltre.
E noi, una parte di noi, che facciamo? Da dove nasce oggi quest’odio verso una donna avanti negli anni, pacata nei comportamenti e nel linguaggio, che cosa può disturbare in lei? Lei che non conosce l’odio, eppure ne avrebbe motivo, che si meraviglia nel vedere che non tutti, al momento del voto, abbiano votato concordi contro ogni forma di razzismo e discriminazione, che non si spiega il perché dei tanti insulti che quotidianamente le arrivano.
Ora avrà una scorta, perdendo un pezzo considerevole della sua libertà. Perché sì, si sentirà più sicura, ma la libertà, la vera libertà, non ha prezzo.
Io trovo che sia profondamente ingiusto ciò che sta succedendo in questi giorni, ingiusto e vergognoso. Diverse persone vorrebbero chiedere scusa a quest’anziana signora che ha veramente dato tanto, andando nelle scuole, incontrandosi con i giovani, costringendo se stessa a ricordare ogni volta quello che ognuno di noi vorrebbe solo dimenticare. Lei lo fa perché sente che è giusto farlo, la morale, quella autentica che dovrebbe guidarci nella nostra vita tutti i giorni, quella legge morale lei l’ascolta. Eppure in molti non le riconoscono neppure questo, ritenendo che ci sia ben altro dietro le sue scelte.
Oggi, in questo nostro Paese allo sbando, sembra veramente difficile capire che certe strade si  possa decidere di percorrerle senza nessun secondo fine.
P.M.C.

domenica 3 novembre 2019

RICORDANDO ALDA MERINI (Piera Maria Chessa)






Oggi mi piace pubblicare questa bellissima dedica

Ricordando Alda Merini

Mettendo in ordine diversi testi scritti qualche tempo fa, ne ho trovato alcuni che non ricordavo proprio, tra questi uno dedicato ad Alda Merini, scritto subito dopo la sua morte.
Desidero riproporlo oggi, così, semplicemente, per ricordarla, per ricordare con affetto una grande poetessa, ma anche una donna che da una sofferenza profonda ha saputo e voluto trarre ispirazione per i suoi versi così veri, autentici come lei, che nella sua vita lo è sempre stata.
Alda
Ti immagino qui, accanto a me,
la sigaretta tra le labbra,
lo sguardo diretto di chi non ha timore
perché conosce bene i morsi del dolore.
Mi guardi, non sai che ti conosco,
che ho letto molte volte i tuoi pensieri
e a lungo ho riflettuto sulla vita
di chi del pozzo ha conosciuto il fondo.
Ti vedo camminare lentamente
tra i tanti fogli bianchi che hai riempito,
tra mozziconi brevi a terra andati,
gettati lì dalla tua noncuranza.
Tu non ami parlare del passato,
di tutto ciò che a lungo ti ha ferito.
In fondo a cosa serve raccontarlo
a chi non conosce affatto quel dolore
profondo e insopportabile del cuore
e della mente, e cerca di capire?
Io ti saluto, Alda, e ti rimpiango,
difficile scordare il tuo sorriso
a volte dolce a volte un po’ beffardo,
le tue movenze morbide e un po’ lente,
il tuo indagare lucidamente il mondo.
P.M.C.

mercoledì 30 ottobre 2019

ATTIMI





La mosca che passeggia sul vetro
le nuvole che camminano
accarezzando le montagne
la coccinella che mi solletica la mano
e poi allarga le ali
spiccando il volo
verso la finestra aperta
vai
piccola meraviglia
ed io qui
ad ascoltare il linguaggio
delle cose di casa
docili testimoni
di attimi di vita
che il tempo a sè calamita
per condurli lontano
chissà dove
chissà dove

- Giovanna Giordani - 

venerdì 11 ottobre 2019

CONTRO LA GUERRA




Vorrei trovare parole tonanti
parole forti che sappian colpire
cuore e mente di chi vorrà udire
e divulgarle al mondo roboanti

Come dei missili io le lancerei
verso quei luoghi dove c'è la guerra
che sono ancora troppi sulla terra
perchè la facciano smettere, vorrei

Che gran pena i civili ed i soldati
che perdono la vita inutilmente
per chi vuol comandare sugli Stati

Tutti gli eserciti io recluterei
per portare la pace e non la guerra
ed allora, sì, che li benedirei


Giovanna Giordani

https://secure.avaaz.org/it/community_petitions/VORREI_CHE_IL_DIRITTO_INTERNAZIONALE_SI_ATTIVASSE_AFFINCHE_CESSI_OGNI_GUERRA_NEL_MONDO/

martedì 1 ottobre 2019

CHE COSA SONO I FIORI? (Mariangela Gualtieri)



Che cosa sono i fiori?
non senti in loro come una vittoria?
la forza di chi torna
da un altro mondo e canta
la visione. L'aver visto qualcosa
che trasforma
per vicinanza, per adesione a una legge
che si impara cantando, si impara profumando.

Che cosa sono i fiori se non qualcosa d'amore
che da sotto la terra viene
fino alla mia mano
a fare la festa generosa.

Che cosa sono se non
leggere ombre a dire
che la bellezza non si incatena
ma viene gratis e poi scema, sfuma
e poi ritorna quando le pare.

Chi li ha pensati i fiori,
prima, prima dei fiori.

- Mariangela Gualtieri -



martedì 17 settembre 2019

UNA PARTICOLA DI LUNA




Una particola di luna
sosta nel cielo azzurrino
di un mattino settembrino
quasi per un ultimo saluto al mondo
prima di svanire
nell’abbraccio del sole che avanza

Ma riapparirà nella notte
luminosa  e “gioconda”
ad incantare sguardi e pensieri
ed ascoltare segreti
che mai
svelerà


-         -- Giovanna Giordani   -




martedì 3 settembre 2019

I PASSI SPEZZATI (Laura Vargiu)



Verità per Giulio Regeni



Alla memoria di Giulio Regeni (1988-2016)
che attende ancora giustizia



Abbandonato, com’estremo inganno
nell’umiliata nudità delle tue spoglie
lungo l’indifferenza della strada in corsa
ai margini d’un deserto divorato
da frastuoni di solitudine antica
là dove s’infrange la vita
sugli sguardi acuminati del sospetto

Avvolto con disprezzo
in quel sudario rappreso e maledetto
che stilla ancor silenzio e sangue…
quale strazio ha mai patito la tua carne
precipitata negli inferi del mondo?
in quale inatteso feroce disincanto
è scivolato il sorriso del tuo sguardo?

Pari a prolifici fantasmi
troppi perché galleggiano inevasi
nella veglia senza requie del tempo
in ascolto inquieto e inerme
dei muti sussurri del tramonto
tra le arcane voci dei muezzin d’Oriente
ch’esplodono all’unisono la sera

Ma svuotati ormai d’ogni preghiera
andiamo in cerca del tuo nome
e di quei giovani tuoi passi spezzati
in quest’abietta landa di disumanità
su cui invochiamo cieli tersi di giustizia
mentre le loro più torbide menzogne
impietosa han già raccontato la verità

-        -  Laura Vargiu  -

(poesia  vincitrice al concorso “Poesia e Solidarietà”  in Trieste, 2019, con la seguente motivazione:

Per la forza drammatica con cui la poesia oppone l’onestà fiduciosa di Giulio Regeni  - “eccomi pareva dire, “sono qui, sono sincero” – alla menzogna dei suoi assassini, in una vicenda che attende giustizia. Una giovane vita stroncata con disumana ferocia grida ancora la sua ansia di verità)

Grazie Laura per questo bellissimo testo ricco di solidarietà, pietà, dolore e denuncia. Sarebbe davvero bello se Giulio, da lassù lo potesse leggere…
Ti abbraccio
Giovanna

venerdì 16 agosto 2019

TRASCORRE IL GIORNO





Trascorre il giorno
come un fiume quieto

Volti e parole
fanno il girotondo
sul prato della vita

Balbetta piano
dal bordo della via
una poesia

mi strega
come un'epifania

- Giovanna Giordani

domenica 4 agosto 2019

A QUELLI CHE HANNO FALLITO (Walt Whitman)




A quelli che avevano alte aspirazioni, e hanno fallito
ai militi ignoti caduti in prima fila combattendo
ai macchinisti tranquilli e fedeli - ai viaggiatori troppo ardenti -
ai piloti nelle loro navi
ai  numerosi sublimi canti o dipinti mai riconosciuti -
vorrei erigere un monumento tutto coperto d'alloro
alto, più alto di ogni altro - a quanti furono falciati prima del tempo
posseduti da uno strano spirito di fuoco
spenti da una morte precoce

- Walt Whitman -

giovedì 11 luglio 2019

CARI TORI DELLA SPAGNA

<E a forza di sterminare animali s'era capito che anche sopprimere l'uomo non richiedeva un grande sforzo> (Erasmo da Rotterdam)

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Cari tori  della Spagna
vi ho visti alla tv
mentre vi buttavano a mare
a soffocare
per divertire esseri senza cuore

Cari tori della Spagna
che vi uccidono lentamente nelle arene
ho molta pietà per voi
esseri innocenti
vittime di ignobili divertimenti

Cari tori  della Spagna
le  sofferenze
che vilmente vi fanno patire
sono l’emblema
dell'ancestrale idiozia e crudeltà
di tanta parte
della cosidetta razza “umana”

-       -   Giovanna Giordani –
  

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