martedì 23 febbraio 2016

LA SERA



In dissolvenze di luce
un altro giorno
svanisce

Raccoglie il cielo 
pensieri
in cerca di pace
agli affanni

Desideri s'innalzano
a sfiorare le stelle
disvelate alla notte
in abbagli
lontani

Bussa leggero
il sonno
ad accorciare l'attesa
di nuova luce

- Giovanna Giordani

domenica 14 febbraio 2016

ALL'AMORE






Sei l'onda
che giunge improvvisa
e travolge

Sei il sole
che acceca
e riscalda

Sei l'acqua
che sgorga
e disseta

Sei la rosa
che profuma
e ferisce

Sei la neve
che copre
il dolore

Sei la freccia
dorata
nel cuore


- Giovanna Giordani

sabato 6 febbraio 2016

7 FEBBRAIO - GIORNATA PER LA VITA


Sono molto onorata e grata verso coloro che hanno utilizzato dei miei testi per valorizzare la Giornata per la Vita.




-.-.-.-


IL PICCOLO CUORE

C’era una volta un piccolo cuore, ma proprio piccolo piccolo, tanto che il suo lieve battito si sentiva appena.
Un  giorno, non si sa come nè quando, questo piccolo cuore si ritrovò  in un luogo misterioso e cominciò a piangere silenziosamente.
Le fate stavano facendo la loro passeggiata giornaliera e notarono fra le foglie di malva, al bordo del sentiero, una cosina tutta rossa che non era sicuramente una fragola. Beh, era il piccolo cuore, come avrete già capito! Le fatine si fermarono di botto assai incuriosite. Fata-farfalla lo raccolse delicatamente nella sua mano cercando di asciugargli le piccole lacrime, poi lo mostrò alle sue compagne che lo ammirarono stupefatte perché non avevano mai visto nulla di simile dalle loro parti.
La notizia si sparse per tutto il regno e giunse così alle orecchie  della regina delle fate e del principe degli elfi che accorsero per vedere lo strano esserino.
Il piccolo cuore aveva due occhietti azzurri come quelli dei myosotis e allora si decise all’unanimità di chiamarlo Myo. E così lo chiameremo anche noi durante questo breve racconto.
Myo si guardava intorno incuriosito e non diceva una parola (aveva anche una piccola bocca), ma almeno non piangeva più.Però...però sorgeva un bel problema. Chi si sarebbe preso cura di lui? A questo interrogativo si udì un coro di voci che diceva:  -io, io, io, io! -
Ma è chiaro che Myo non poteva abitare in tutte le casine delle fate e così venne presa una decisione che nessuno si sarebbe aspettato: la regina delle fate decise che Myo doveva essere condotto al suo castello dove lei stessa avrebbe provveduto ad accudirlo.
Le fate esclamarono un OOOHHH  che fece tremare le foglie degli alberi vicini, perché abitare nel castello della regina era, naturalmente, considerato un grande privilegio. Però furono tutte contente di quella decisione che almeno non avrebbe permesso loro di litigare per ospitare quel tenero batuffolino rosso!
Fu così che la regina ordinò ai folletti di sistemare delicatamente il piccolo cuore nella sua carrozza d’oro e,  via, al galoppo verso il castello. Il principe degli elfi,  invece,  fu invitato a cena dalle fate durante la quale gli  raccontarono  di come avevano trovato quel tipetto così diverso da loro.
Intanto la regina era arrivata nella sua dimora regale e fece preparare una bellissima stanza per Myo il quale non si rendeva neanche conto di quello che gli stava succedendo, ma capiva solo che qualcuno si stava per davvero occupando di lui.
I giorni passavano, Myo si stava adattando al nuovo ambiente nel quale riceveva tutto ciò di cui sembrava aver bisogno.
Ogni tanto arrivava in visita al castello il principe degli elfi con i suoi folletti e Myo  si rendeva conto di quanto il loro aspetto fosse così diverso dal suo. Forse era per questo, pensava la regina, che ogni tanto  scorgeva in quegli occhietti azzurri una certa malinconia.
Un giorno provò a parlargliene e così il piccolo cuore le disse che gli sarebbe tanto piaciuto avere l’aspetto di uno degli elfi che vedeva saltellare felici nei prati intorno al castello.
Detto fatto, la regina delle fate sfoderò la sua bacchetta magica e il piccolo cuore diventò un bellissimo elfo.
- Sei felice ora? – gli chiese. -  Oh si, tanto, grazie regina - rispose Myo abbracciandola senza pensarci due volte!
Il tempo passava e il folletto Myo si divertiva a giocare e a scherzare assieme agli altri compagni.
- E il piccolo cuore?-  Direte voi – dov’è andato a finire? -  Beh, il piccolo cuore era rimasto dentro il petto di Myo e continuava a battere con sempre maggior forza tanto che qualche volta faticava a calmarlo. Fu in uno di questi momenti che Myo si accorse che forse il suo cuore voleva dirgli qualcosa che lui non riusciva  proprio a capire. Provava così una sensazione strana che gli toglieva un po’ della serenità che godeva in quel posto incantato. In fondo era nel castello della regina delle fate, aveva tutto quello che desiderava, eppure ogni tanto saliva dal suo piccolo cuore uno strano richiamo. Si decise a confidarsi con la regina la quale riflettè molto su quanto udiva e capì che il cuore di Myo forse desiderava qualcosa che la sua bacchetta magica probabilmente non era in grado di fargli avere. E questo le dispiaceva molto.
Un giorno d’estate la regina decise di portare Myo a fare una passeggiata lungo il sentiero che confinava con il suo regno e dove era molto facile incontrare gli esseri umani. Ad un certo punto passò accanto a loro  una giovane donna dallo sguardo molto triste. Alla sua vista Myo sentì il cuore accelerare i battiti in modo tale che dovette fermarsi a sedere su una panchina. La regina prese posto accanto a lui e, mano a mano che Myo le raccontava del suo cuore in tempesta, ella cominciava  a comprendere che i suoi sospetti si stavano rivelando delle certezze. Ma non disse nulla.
Tornati al castello ognuno riprese le sue solite occupazioni.
Ma quando Myo ripensava a quell’incontro sentiva nel suo cuore come la puntura di uno spillo che per un po’ gli procurava un leggero dolore.  Intanto la regina, che voleva la felicità di Myo, non sapeva come fare a donargli quella serenità che sembrava scemare di giorno in giorno dagli occhi azzurri del suo pupillo. Pensa e ripensa, ad un certo punto si ricordò del suo vecchio amico mago Eliodoro che non vedeva da tanto tempo e decise di mandarlo a chiamare per un consulto importante. Il mago Eliodoro non se lo fece ripetere due volte perché aveva una simpatia particolare per quella regina e arrivò come un fulmine al castello.
Quando seppe del problema capì che era proprio una magia difficilissima quella che gli stava chiedendo la regina delle fate, ma non volle arrendersi e, tornato nella sua vecchia torre,  dove si trovava la sua biblioteca, cominciò a consultare i suoi libri di magia uno ad uno. Dopo un po’ di giorni il mago Eliodoro ritornò tutto ottimista al castello della regina  dicendo che, forse, la speciale magia poteva essere compiuta, ma doveva avvenire solo nel regno delle fate e non in quello degli umani.
Allora la regina radunò alcune fatine  e, dicendo loro di procurarsi  della polverina magica, si avviò per quel sentiero in cerca di quella giovane donna dagli occhi tristi che aveva fatto battere tanto il cuore al suo Myo.  Quando la videro sbucare dal fondo del viale ordinò alle fatine di spruzzare sul capo della donna la polverina che la addormentò subito e poi tutte insieme la sollevarono e la portarono al castello dove il mago Eliodoro potè compiere la sua magia.
Quando la donna si svegliò, vide davanti a lei Myo con lo sguardo splendente di gioia. Non era più un folletto, ma un bambino come tutti gli altri. La donna gli spalancò le braccia  nelle quali lui si rifugiò senza indugio mentre le sue labbra pronunciavano una parola che gli dettava il suo piccolo cuore : mamma!  La sua mamma ritrovata lo stringeva forte a sé ed  ambedue non smisero di piangere fino a quando nel cielo apparve una luna immensa con un sorriso particolare.
Myo e la sua mamma non capivano bene in che luogo fossero capitati, ma questo non li preoccupava; erano solamente consapevoli che qualcuno li aveva fatti incontrare e che i loro cuori si erano riconosciuti e ora battevano all’unisono e non avrebbero potuto più rimanere divisi l’uno dall’altro,  per nessuna ragione al mondo.
E non seppero mai che anche la regina, mentre li osservava, sentiva sgorgare dai suoi occhi delle goccioline che un venticello leggero raccolse e lasciò cadere nel mare,  dove furono  gelosamente custodite dalle preziose conchiglie.

Giovanna  Giordani







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IL BUCANEVE


Il suo bussare
 fu lieve
e la terra comprese
e chiese al sole
un regalo speciale
per sconfiggere il gelo
che l'opprimeva

Ed il sole comprese
e con i raggi più caldi
incise la terra
affinché il bucaneve
potesse tornare
a vedere la luce

Così esso sbocciò 
intonando il suo canto

ed il bosco applaudiva
e la terra applaudiva
ed il sole applaudiva

perché il bucaneve
è il fiore
della felicità.

- Giovanna Giordani - 









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