Si racconta che, in una piccola casetta di un paese adagiato alle falde di
una possente montagna, erano vissuti tanto, tanto tempo fa, un
vecchio vedovo con la sua giovane figlia di nome Reginella.
Costei accudiva con cura il vecchio padre e spesso gli chiedeva di
raccontargli com’era la sua mamma della quale proprio non poteva ricordare
nulla in quanto, quando il cielo se l’era presa, lei era troppo piccola.
Pur sentendo sanguinare una ferita che non si era mai chiusa, il vecchio,
per amore della figlia, cercava di accontentarla e le raccontava della bellezza
e gaiezza della madre e di come era buona e gentile con tutti.
Reginella ascoltava estasiata e cercava di immaginarsi i lineamenti ed il
dolce sorriso della madre.
Gli anni passavano implacabili. Reginella si era fatta una bella ragazza ed
il padre era sempre più debole e stanco.
Un giorno passò da quelle parti un giovane signore e, mentre percorreva la
strada principale del paese in cerca di un ostello, incontrò Reginella che
usciva dal negozio del droghiere.
Colpito dalla sua bellezza la seguì e le chiese dove poteva trovare
alloggio per quella notte.
Reginella guardò quel signore dall’aspetto gentile e, poiché in quel
piccolo paese non c’erano ostelli, pensò che avrebbe potuto chiedere
al vecchio padre di ospitarlo presso di loro. Lo invitò quindi a seguirla nella
sua umile casetta.
Il padre, naturalmente, non si oppose, anche perché non avrebbe mai osato
rifiutare qualcosa alla sua buona e adorata figlia.
E così Reginella fece accomodare quel signore e si prodigò per preparare
una buona cenetta per tutti e tre.
Erano così rari gli ospiti a casa loro.
Si accomodarono quindi attorno al tavolo e Reginella servì delle gustose
vivande fumanti. L’ospite disse che era un ballerino alla corte del
re; il suo nome era Omar ed era molto felice del suo lavoro perché
quando danzava si sentiva sereno e leggero e si scordava di tutte le cose
tristi della vita.
Reginella lo ascoltava con interesse ponendo parecchie domande mentre le
sue guance si facevano sempre più rosse.
Il padre guardava i due giovani in silenzio e all’improvviso sentì che i
suoi occhi erano molto pesanti e non riusciva più a tenerli bene aperti. Si
alzò dal tavolo e si sdraiò sulla poltrona ben ricoperta dai cuscini che la
figlia aveva confezionato e ricamato per lui.
Fra un racconto e l’altro, il tempo fuggiva veloce e la notte stava
avanzando a grandi passi.
Reginella disse che sarebbe andata di sopra a preparare la stanza per il
giovane viandante e così lo lasciò solo con il padre.
Omar si avvicinò alla poltrona e si accorse che il vecchio si era
addormentato. Lo lasciò ai suoi sogni ed attese il ritorno di Reginella la
quale non si fece aspettare molto.
Si avvicinò alla poltrona del padre e lo invitò dolcemente ad andare a
letto. Il padre non rispondeva.
Gli pose una mano sul volto per accarezzarlo e sentì sotto i palmi un gelo
che la riempì di terrore.
Iniziò a gridare invocando il nome del padre, ma tutto era inutile.
- E’
morto – disse Omar.
Il giorno successivo lo seppellirono accanto alla moglie.
Omar chiese a Reginella di partire con lui ed ella acconsentì.
Fu portata alla corte del re e le fu insegnata l’arte della danza. Ma Omar
era scomparso. E questo era il suo grande cruccio.
Le piaceva danzare, ma sentiva molto la mancanza del padre e di Omar e,
seppure vivesse in mezzo alla ricchezza ed agli agi, non era felice.
Una sera, dopo l’ennesimo successo per una danza in onore degli invitati
del re, Reginella, nella solitudine della sua stanza, pensò alla sua mamma.
La chiamò così intensamente che le sembrò che ella fosse lì, accanto a lei
ad ascoltarla.
In quel momento una forte folata di vento gonfiò i pesanti tendaggi
che adornavano la stanza ed Omar in persona le apparve nel
vano della finestra.
- Vieni, corri, non c'è tempo da perdere - la invitò concitato Omar.
- Vieni, corri, non c'è tempo da perdere - la invitò concitato Omar.
Reginella era sconvolta dall’emozione e si lasciò sollevare dalle forti
braccia del giovane che la condusse con sé.
Un cavallo nero li stava aspettando nella strada e, appena
furono ambedue in sella, fuggì via al galoppo.
Correvano veloci, attraverso le stradine e poi, fuori, nei prati e poi su,
su verso i boschi e la montagna.
- Ti spiegherò
dopo - le disse Omar.
Quando gli
parve di essere abbastanza lontano dal castello del re, fermò il cavallo e,
dopo essere smontati dallo stesso, si sedettero su di un masso lì vicino.
- Ti ho
mentito – le confessò Omar. - Io avevo ricevuto l’incarico dal re di
procurargli delle belle ragazze per insegnare loro la danza e rallegrare quindi
le feste frequenti che organizzava al castello. Se non avessi obbedito mi
avrebbe fatto tagliare la testa. Ma tu, eri talmente innocente e gentile che,
dopo averti condotta da lui, sentii muoversi dentro di me i rimorsi
come serpenti. Finché presi la decisione di rischiare la mia vita e
di portarti via -.
- Ti ringrazio,
mio Omar, rispose Reginella. Io, infatti, non ero felice là, in quel
castello e il pensiero di te non mi lasciava mai. –
Mentre stavano parlando la prima neve cominciò a cadere e si preoccuparono
subito di cercare un riparo. All’improvviso, però, udirono l’abbaiare furioso
di cani ed Omar disse che erano stati sguinzagliati al loro inseguimento dai
soldati del re, per uccidere lui e riportare lei alla sua vita
infelice.
La neve cadeva sempre più copiosa e Omar coprì Reginella di un mantello
bianco che aveva portato con sé. Si alzarono in piedi e lui la strinse forte,
sempre più forte, accanto al suo petto baciandola appassionatamente.
Poi, lentamente, cominciarono a girare su se stessi, prima
piano, poi più forte, poi sempre più forte, abbracciati come fossero un corpo
solo mentre la neve li nascondeva in un gelido turbinio che faceva fremere
tutto ciò che li circondava.
Giravano incessantemente, e da quel vortice bianco si formarono delle
raffiche di ghiaccio che accecarono tutti i cani che si stavano avvicinando e
così i soldati rinunciarono
all’inseguimento per paura di essere colpiti a morte.
Finché la calma ritornò. Un bianco silenzio copriva ogni cosa.
Omar e Reginella erano talmente avvinghiati che nessuno mai più li avrebbe
potuti dividere.
Col passare del tempo, da quelle parti fu visto un albero strano ed
originale, col tronco bianco chiazzato di scuro, che si
ergeva in spirali verso il cielo assieme ai rami ad esso attorcigliati come in
un abbraccio forte e struggente. Nessun altro albero gli somiglia.
Fu così che, piano piano, nacque fra gli abitanti di quel luogo la leggenda
dell’Albero di Reginella.
E ancora oggi, nel paese, quando inizia a spirare il vento forte
dell’inverno, si va dicendo che Omar e Reginella stanno ricominciando
a danzare, lassù nella foresta alle pendici della possente montagna.
Queste, Giovanna, sono fiabe vere e proprie, o se preferisci, leggende, altro che storie!Tu ci porti in un mondo magico, lontano da una realtà che spesso sa essere solo dolorosa. Bella, mi è piaciuta molto. Grazie.
RispondiEliminaPiera
Grazie carissima Piera, penso che tutto nasca da sedimenti di racconti e fiabe letti nell'infanzia... Ciao buona scrittura, sempre, anche a te!
EliminaGio
Bel racconto/fiaba.
RispondiEliminaGrazie Mariangela e complimenti per le tue poesie!!
EliminaGio