Il momento era propizio.
Il grande cigno di porcellana addormentato
sul tavolo dorato iniziò lentamente a rialzare il capo e, con un balzo leggero,
fu sul pavimento della stanza del Re.
Guardò la sua immagine riflessa nel grande specchio e sospirò.
In quel momento il Re uscì dal
quadro che si trovava sulla parete a lato del suo ricco letto monumentale.
Si avvicinò raggiante al cigno e
lo baciò sul capo accarezzandone il sinuoso collo bianco.
In quell’istante il cigno iniziò
a brillare di una luce accecante che lentamente lo catturò lasciando il posto
ad una bellissima figura di giovane uomo che teneva un violino appoggiato sulla
spalla.
-
Grazie - sussurrò il Re.
Un crescendo di voci iniziò ad
espandersi nella stanza.
-
Ora possiamo uscire, venite anche voi - disse il Re.
Si incamminarono, il Re e il
musicista, verso l’uscita del castello. La scia di quelle voci li seguiva.
La magia della notte li accolse.
Una splendida luna piena illuminava il silvestre paesaggio dove spiccava il
turrito castello addormentato.
Non c’erano mai stati soldati in
quel castello e nemmeno prigioni.
Il Re procedeva lentamente,
seguito dall’elegante giovane, dirigendosi verso un lago argentato nel quale la
luna si specchiava civettuola.
Vicino alla riva era ad
attenderli una splendida barca a forma di conchiglia sulla quale presero posto il
Re e il giovane musicista. Quando si furono accomodati, la barca iniziò a
muoversi lentamente scivolando sulle acque chete del lago.
-
Ora, puoi iniziare – disse il Re, rivolgendosi al suo
vicino.
Questi si alzò in piedi e,
poggiato nuovamente il violino sulla spalla, iniziò a suonare una musica dolcissima.
Il Re chiuse gli occhi ascoltando estasiato.
Quella musica irresistibile
svegliò le fate e i folletti dei boschi circostanti che accorsero sul luogo
incuriositi.
Lo spettacolo che si presentò ai
loro occhi li turbò piacevolmente.
Dalla barca a forma di conchiglia
giungeva loro quella musica melodiosa al suono della quale delle figure
umane evanescenti danzavano, tenendosi per mano, lungo le rive del lago e nei
prati che lo circondavano.
-
Ogni estate, nelle limpide notti di luna piena, il Re organizza
per loro questa festa – disse il Principe degli Elfi.
- È grazie alla loro arte e al loro lavoro che esiste il
magnifico castello con le sue meravigliose fontane e i variopinti giardini - asserì
la Regina
delle Fate.
Fate e folletti si unirono quindi
alle danze in un baluginante luccichio che si confondeva con quello delle
stelle.
Sazia di tale spettacolo, la
notte si strinse nel suo scuro mantello e scivolò dietro i monti cedendo il passo all'alba che l’attendeva. Così le ultime note di quella musica divina si smorzarono in fretta, mentre
ogni figura umana evanescente si dirigeva veloce verso il castello. Il Re tornò
nel quadro, il cigno sul tavolo dorato e quelle sembianze umane si nascosero, rimpicciolendosi, dietro i
riccioli d’oro delle cornici, dietro gli specchi, le finissime porcellane, le
cristallerie, gli arazzi, i dipinti, i legni finemente lavorati e tutto ciò che
impreziosiva ogni angolo di quel luogo incantato.
Il sole era ritornato sorridente
sul suo scranno dorato ad inondare la terra di luce e di vita.
I primi visitatori cominciarono a
giungere, ansiosi di vedere...
Ogni giorno arrivava tantissima
gente da tutto il mondo perché quel castello era opera di rara bellezza in cui solo
l’arte regnava sovrana.
E le fate e gli elfi conoscevano
chi stava nascosto fra le sue meraviglie.
- Giovanna Giordani -