Canta la luce
assieme al pettirosso
al suo risveglio
G.G.
≪CREDEVANO, GLI UOMINI, CHE LA COSA PIÙ SACRA E PIÙ IMPORTANTE NON FOSSE QUELLA MATTINATA DI PRIMAVERA, NON FOSSE QUELLA BELLEZZA DEL MONDO, CONCESSA PER IL BENE DI TUTTE LE CREATURE, GIACCHÈ ERA UNA BELLEZZA CHE DISPONEVA ALLA PACE, ALL’ACCORDO, ALL’AMORE: MA FOSSE, LA COSA PIÙ SACRA E PIÙ IMPORTANTE, CIÒ CHE ESSI STESSI AVEVANO ESCOGITATO PER POTER DOMINARE GLI UNI SUGLI ALTRI >. (Leone Tolstoj)
"Io non sono pacifista, io sono contro la guerra" . Gino Strada, fondatore di Emergency.
Perché la guerra?
Diventeremo prima o poi tutti
un po’ di terra
Perché la guerra?
I potenti spargano sulla terra
semi di giustizia e fratellanza
e non di guerra
Tutti diventeremo terra
anche coloro
che si credono i padroni del mondo
anche gli imperatori
È inutile la guerra
Sull’uomo vincerà sempre
e solo
la terra.
G.G.
L’aspettava. Inconsciamente. La sua comparsa, lo sapeva da
sempre, era come un balsamo. Un balsamo gratuito e ineguagliabile, per le
ferite dell’anima.
La vita, si sa, è sempre un’attesa. L’attesa di cosa? Della
felicità, naturalmente.
Mentre camminava, si alzò un forte vento che le schiaffeggiò
il viso. Si riparò avvolgendo la sciarpa fino a coprire ben bene anche il capo.
- Come una Madonna - disse sorridendo fra sé. Poi continuò, accelerando il
passo.
Quante volte aveva compiuto quel gesto nella sua vita.
Proteggersi dal vento che le schiaffeggiava il viso. E com’era riconoscente
allo stesso quando smetteva il suo turbinare lasciandola continuare il suo
cammino senza ostacoli tangibili. Così continuava speranzosa la sua vita. Sì,
perché lei era un’ottimista. E si ripeteva sempre che la vita è un bel mistero
che vale la pena di vivere, nonostante tutto.
Il Natale era alle porte con tutto il suo carico di sacro e
profano e le giornate ne erano ineluttabilmente impregnate.
L’aspettava. Sarebbe giunta come una musica dalle note
carezzevoli che dolcemente avrebbero invaso la mente raggiungendo velocemente
il cuore, sempre assetato di bellezza. Il Natale era il periodo preferito per
il suo arrivo.
Il vento si stava allontanando e lei sollevò il viso verso
il cielo. Proprio in quel momento sentì che si stava avvicinando, ne intuì il
passo leggero, e intravide la trasparenza del suo mantello. Quanta gioia!
Assaporò i suoi baci delicati sul viso e si fermò in un muto ringraziamento per
i suoi abbracci leggeri. Giunse davanti alla porta di casa, ma la nuova
arrivata non volle entrare. - Non andrò lontano – sussurrò – se entrassi
morirei, il mio posto è all’aperto, qui fuori, dove i nostri occhi s’incontreranno
e parleranno per noi -.
Era dunque lì, vicina, sempre fedele e splendida. Si
scambiarono sguardi colmi di complicità.
Le separava un vetro sottile, ma nulla ostacolava il loro
felice muto dialogare. A lei poteva aprire il cuore, si sentiva compresa.
L’ascoltò, lasciando che calamitasse il suo sguardo rapito, come in un’estasi.
Tutto questo avrebbe avuto breve durata, lo sapeva. Ma nessuno, ne era sicura,
avrebbe saputo donarle quei momenti idilliaci, unici, carichi di lieto
turbamento e di magia dove passato e presente si eclissavano in favore del
misterioso fascino carico di pace che giungeva da chissà quali lontananze, portato con ineguagliabile leggerezza da quella meravigliosa... neve.
Quella notte la quiete nel bosco era grande più che mai. La neve copriva tutto con il suo manto luccicante ai raggi della luna. Dai comignoli delle casette degli elfi e delle fate uscivano sottili fili di fumo e le piccole finestre luminose punteggiavano il paesaggio come minuscole lampade.
All’improvviso però l’incanto venne
interrotto da un piagnucolio proveniente dai confini del bosco.
Il primo ad uscire di casa fu elfo
Giacomino (detto anche orecchiofino, proprio perché sentiva i rumori più
lontani). Cercò di capire da dove provenisse quello strano lamento e
s’incamminò per il sentiero a lui noto. Man mano che Giacomino procedeva il pianto
si faceva più forte e così Giacomino cominciò a correre verso quella voce per
capire di chi potesse essere.
Fu così che a un certo punto, sotto un
abete bianco, vide una sagoma raggomitolata su sé stessa. L’elfo si avvicinò e
poté constatare che si trattava di un piccolo bimbo che tremava di freddo e di
paura. Immediatamente Giacomino se lo prese fra le braccia e s’incamminò in
fretta verso la sua capannina. In poco tempo la raggiunse e, accolto dalle
premure della sua compagna Felicita, una fata assai carina, portò subito il
piccolo in un lettino che tenevano sempre a disposizione per eventuali ospiti.
Gli chiesero qual era il suo nome e il
bimbo rispose che si chiamava Amin e che si era perso mentre fuggiva con la
mamma da uomini che volevano fare loro del male.
-
Allora
bisognerà andare in cerca della tua mamma – disse Felicita, - vero Giacomino? –
L’elfo Giacomino non se lo fece ripetere
due volte e cominciò a radunare altri elfi suoi amici invitandoli ad andare con
lui a cercare la mamma di Amin.
Tutti acconsentirono subito (loro hanno un
animo buono e generoso) e tornarono nelle loro casette per equipaggiarsi per
bene contro il freddo pungente.
Erano proprio in tanti, e camminavano in
file ordinate lungo i sentieri che conducevano fuori dal bosco.
Giunti sulla strada asfaltata videro in
lontananza delle nubi salire dalla terra assieme a dei bagliori e tuoni poco
rassicuranti.
Si fermarono e si consultarono sul da
farsi. Mentre ognuno suggeriva i propri consigli videro giungere nella loro
direzione una donna che sembrava fuggire disperata da quel luogo così cupo.
Man mano che ella si avvicinava quegli
abitanti del bosco la udirono invocare a gran voce il nome di Amin.
-
È
la sua mamma – disse Giacomino - dobbiamo condurla dal suo bambino.
Tutti gli elfi si avvicinarono dunque alla
donna e la invitarono a seguirli dopo averle raccontato del ritrovamento del
bambino. Lei accolse subito il loro invito e li seguì colma di speranza.
Quando il piccolo Amin vide la sua mamma
entrare nella casetta di Giacomino le corse incontro e, abbracciatala,
cominciarono ambedue a piangere di gioia .
Fata Felicita iniziò a cucinare dei
manicaretti che solo lei sapeva fare e così tutti furono rifocillati e
riscaldati nell’accogliente capanna. Fuori la neve iniziò a scendere con la sua
consueta grazia, accompagnata dal suono dolce di una musica lontana.
Il bosco ritrovò così la sua quiete
assieme ai suoi fantastici abitanti felici di aver dato riparo a chi ne aveva
avuto bisogno.
Ma proprio quella sera gli elfi dovevano
andare ad un raduno molto importante dal loro amico Babbo Natale poiché, come
tutti gli anni, lo aiutavano a preparare i doni da consegnare ai bambini nel
mondo. Gli raccontarono così del piccolo Amin e Babbo Natale li lodò per la
loro buona azione. Subito il nonno più famoso del mondo preparò un bellissimo
regalo per Amin e tutti assieme si recarono alla capanna di Giacomino. A questo
punto è inutile dire che quella notte sopra la capanna di Giacomino e Felicita
brillava la stella della felicità.
Giovanna Giordani
Poesia sempre attuale...PURTROPPO!
IL MALE
(Le mal)
Mentre gli scaracchi rossi della mitraglia
sibilano tutto il giorno nell’infinito del cielo blu;
quando scarlatti o verdi, accanto al Re che l’irride,
i battaglioni crollano in massa sotto il fuoco;
mentre una follia spaventosa, maciulla
e fa di centomila uomini una catasta fumante;
- Poveri morti! In estate, nell’erba, nella tua gioia,
natura! tu che santa creasti questi uomini!… -
- C’è un Dio, che ride ai corporali damascati
degli altari, all’incenso, ai grandi calici d’oro;
che nel cullare degli osanna s’addormenta,
e si risveglia, quando le madri, raccolte
nell’angoscia, e gementi sotto le vecchie cuffie nere,
gli offrono un soldone legato nei loro fazzoletti!
- Arthur Rimbaud -
Un sole dolce
accarezza gli alberi seminudi
e colora le foglie
volteggianti
all’estro del vento
Dall’onda del tempo
sopraggiunge un silenzio
di nebbia
avvolgente di pace
Nella bruma
tremano lumini
a ricordare la luce
Giovanna Giordani
https://secure.avaaz.org/it/petition/VORREI_CHE_IL_DIRITTO_INTERNAZIONALE_SI_ATTIVASSE_AFFINCHE_CESSI_OGNI_GUERRA_NEL_MONDO/?pv=6 Qua...